Nel video la voce dell'autore che racconta nel dialetto romagnolo di Poggio Berni.
Il prete di Trebbio
Quando i primi raggi accarezzano il
campanile, l’angelino nella punta diventava rosa dalla contentezza e quel
biondino sulla quarantina, uscendo dal portone della chiesa, si ferma nel sole
a chiudere gli ultimi bottoni della veste nera lunga fino ai piedi.
Scende di corsa gli scalini ripidi del
sagrato e, svelto come la polvere, entrava nella stalla, attacca al calesse la
cavallina che, contenta come una pasqua di fare due passi, parte tutta allegra
per andare a Santarcangelo al mercato.
«Vado nel casiiino!» urla, il venerdì
mattina, il prete di Trebbio, alla perpetua affacciata alla finestra del
secondo piano a guardare la nuvola di polvere, giù per la stradina bianca,
allontanarsi sempre più.
Li vedo passare da casa mia, scivolano
leggeri, sopra il colle del Poggio, nel blu slavato del cielo, la coda bianca
di lei, le veste nera di lui. Poi, dalla “Mènga”, finito di scendere, la corsa
si spegne e la cavallina, con un trotto più tranquillo, arriva a Santarcangelo. Al mercato
il prete fa due spese, una la mette davanti, sotto il seggiolino, l’altra la
lascia dietro. Nel ritornare a casa passa dallo Stradone e, prima di
attraversare l’Uso si ferma al “Baratàun” da la Jole , la moglie di Campana.
È brutto Campana: un
pennacchio di capelli neri tutti disordinati sopra una testa che pare fatta con
l’accetta, due braccia lunghe fino ai ginocchi e due gambine secche che ballano
dentro i pantaloni.
È “brutto e scemo” dicono allo Stradone ma, se lo guardi
bene negli occhi, ti accorgi che scemo non è, brutto e furbo ma scemo no, lo da
ad intendere perchè fa un mestiere, diciamo un po’ speciale, fa il ladro, è il
ladro più bravo dello Stradone.
«Ma cosa viene a fare il prete tutti i
venerdì a casa tua?» gli domandano quegli uomini.
«Viene a confessare la Jole.»
«Ma intanto che la confessa tu vai via?»
«Ma non pretenderete che stia lì ad
ascoltare i suoi peccati! » gli risponde Campana con faccia di bronzo.
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